Padova, 9 ottobre 2025 – La recente vicenda politica che interessa la giurista Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, ha acceso nuovamente il dibattito pubblico sul riconoscimento a livello locale del suo operato, con particolare riferimento alla proposta di conferirle il sigillo della città di Padova. Nonostante l’approvazione iniziale da parte del Consiglio comunale, la decisione è ora in sospeso a causa delle tensioni politiche e delle critiche che ne sono scaturite.
Le origini del riconoscimento e le divisioni politiche a Padova
Il 20 giugno 2025, in occasione della Sagra del Portello a Padova, Francesca Albanese partecipò a un evento pubblico connesso in videoconferenza da Tunisi, durante il quale espresse una netta condanna delle azioni del governo israeliano nei territori palestinesi. Le sue parole, che denunciavano un presunto intento sistematico di sterminio del popolo palestinese, furono accolte favorevolmente dall’ala sinistra della maggioranza comunale, in particolare dalle esponenti di Coalizione civica Marta Nalin e Chiara Gallani.
Un mese dopo, con il sostegno dei consiglieri del Partito Democratico, fu approvata una mozione per assegnare a Albanese il sigillo della città di Padova come riconoscimento del suo impegno a favore dei diritti umani e della pace. Tuttavia, di fronte alle polemiche sollevate, soprattutto da Fratelli d’Italia e da esponenti del Pd che ora si dissociano dalla decisione, il conferimento è stato congelato. Il consigliere di FdI Enrico Turrin ha definito le posizioni di Albanese “ai limiti dell’antisemitismo”, chiedendo un ritiro della mozione, mentre nel centrosinistra si registra una frattura tra sostenitori e oppositori del conferimento.
Francesca Albanese: un profilo internazionale controverso
Francesca Paola Albanese, 48 anni, originaria di Ariano Irpino, è una giurista esperta di diritto internazionale e diritti umani con un ruolo di rilievo nelle Nazioni Unite dal maggio 2022, quando è stata nominata relatrice speciale sui territori palestinesi occupati. Laureata in giurisprudenza all’Università di Pisa e specializzata presso la School of Oriental and African Studies di Londra, Albanese ha dedicato gran parte della sua carriera allo studio e alla denuncia delle violazioni dei diritti umani nella regione mediorientale.
Nel corso del suo mandato, Albanese ha presentato rapporti critici sull’occupazione israeliana, arrivando a denunciare un regime di apartheid e a sostenere che Israele abbia superato la soglia del genocidio a Gaza, come riportato nel suo rapporto “Anatomia di un genocidio” del marzo 2024. Tale posizione le ha attirato accuse di antisemitismo da parte di alcune istituzioni e governi, in particolare dagli Stati Uniti, che nel luglio 2025 le hanno inflitto sanzioni ufficiali per “fomentare l’antisemitismo e sostenere il terrorismo“. Tuttavia, organizzazioni come Amnesty International e molte ONG per i diritti umani hanno difeso la sua indipendenza e il suo lavoro, denunciando il tentativo di delegittimarla.
In Italia, le reazioni alle sue dichiarazioni sono state altrettanto polarizzate. Recentemente, a Genova, l’incontro con la sindaca Silvia Salis e un evento pubblico hanno suscitato proteste da parte della comunità ebraica e polemiche politiche, soprattutto a seguito dell’uso della kefiah da parte di consiglieri comunali durante il minuto di silenzio per le vittime del 7 ottobre 2023, data simbolica del conflitto israelo-palestinese.
Le tensioni nel Consiglio comunale e il ruolo di Padova
Il dibattito su Francesca Albanese a Padova si inserisce in un contesto più ampio di scontro politico e culturale. Sebbene la mozione per il conferimento del sigillo della città sia stata approvata con voto favorevole, la sua attuazione è stata bloccata dalle pressioni politiche e dalle critiche, anche all’interno del centrosinistra. Il consigliere dem Nereo Tiso, inizialmente favorevole, ha espresso rimorso per aver sostenuto la mozione, ritenendo ora che Albanese non meriti riconoscimenti alla luce delle sue esternazioni.
Dall’altra parte, i cinque firmatari della mozione difendono con fermezza il valore dell’impegno di Albanese in favore della pace e della giustizia, sottolineando che le critiche si basano su strumentalizzazioni politiche. Il tema resta dunque aperto, evidenziando la complessità del ruolo delle istituzioni locali nel riconoscere figure che operano in ambiti internazionali controversi.
Il contesto accademico e la figura di Marco Mascia
A sostenere e analizzare tali dinamiche c’è anche il contributo accademico di esperti come Marco Mascia, professore di Relazioni internazionali all’Università di Padova e Presidente del Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca”. Mascia, con le sue ricerche in diritto internazionale, democrazia e diritti umani, rappresenta una voce autorevole nel dibattito sul ruolo delle istituzioni locali in tematiche di geopolitica e diritti umani. Il suo lavoro evidenzia l’importanza di un approccio equilibrato e fondato su dati reali per affrontare questioni complesse come quella della Palestina e delle politiche di riconoscimento.
La vicenda di Francesca Albanese a Padova si colloca quindi in una cornice di tensioni politiche e sociali che riflettono il dibattito globale sulle responsabilità e le posizioni rispetto al conflitto israelo-palestinese, con implicazioni profonde anche sul piano locale e istituzionale.