Dall’Università di Padova arrivano importanti novità sulla cura per la sclerosi multipla: ecco cosa c’è da sapere
Un passo avanti importante nella lotta alla sclerosi multipla arriva dall’Università di Padova. Un gruppo di ricercatori guidato dalla professoressa Ildiko Szabo ha messo a punto una nuova terapia che potrebbe cambiare il modo di curare questa malattia autoimmune così dura.
Dall’Università di Padova una nuova strada contro la sclerosi multipla
La sclerosi multipla colpisce più di 2,8 milioni di persone nel mondo. Si tratta di una malattia cronica che danneggia il sistema nervoso centrale, perché le cellule T attaccano la guaina che protegge gli assoni nervosi. Le cure attuali aiutano a gestire i sintomi, ma spesso indeboliscono tutto il sistema immunitario, con effetti collaterali pesanti.
Il team dell’Università di Padova, insieme a neurologi e ricercatori europei, ha puntato su un canale mitocondriale chiamato Kv1.3, presente nelle cellule T che causano il danno. Bloccando questo canale con una molecola chiamata PAPTP, si è riusciti a colpire solo queste cellule malate, senza intaccare il resto del sistema immunitario. Lo studio, pubblicato su “EMBO Molecular Medicine”, mostra che in modelli preclinici il trattamento con PAPTP riduce sia i problemi neurologici sia la perdita della guaina mielinica, senza effetti tossici sull’organismo.
Chi è la professoressa Ildiko Szabo
Ildiko Szabo è una biochimica di livello internazionale. Alla guida del laboratorio di Biochimica dell’Università di Padova, ha una lunga esperienza nello studio dei mitocondri. Originaria di Budapest, si è laureata in Biologia e Chimica, ha preso il dottorato a Padova e ha lavorato in vari centri di ricerca europei. Il suo lavoro si concentra soprattutto sui canali ionici mitocondriali, che potrebbero diventare bersagli per nuove terapie in malattie come il cancro e le patologie autoimmuni.
In questo progetto ha collaborato con neurologi padovani come il professor Paolo Gallo e il dottor Marco Puthenparampil, oltre al professor Erich Gulbins dell’Università di Essen, esperto di canali mitocondriali. Le prime firme dello studio sono delle giovani ricercatrici, le dottoresse Beatrice Angi e Tatiana Varnita, che hanno dimostrato come PAPTP possa ridurre i sintomi nei modelli animali di sclerosi multipla.
Cosa cambia per la cura della sclerosi multipla
Questa scoperta apre la strada a farmaci che agiscono direttamente sulle cellule T responsabili della malattia, evitando gli effetti collaterali delle terapie attuali che deprimono l’intero sistema immunitario. Il progetto è sostenuto dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM), con fondi di AIRC e PNRR, a dimostrazione della sua importanza a livello nazionale e internazionale.
I prossimi passi riguarderanno le prove cliniche per capire se PAPTP potrà davvero diventare un trattamento per i pazienti. L’obiettivo è offrire nuove cure che migliorino la qualità della vita e rallentino la progressione della malattia.
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