Una riforma che divide: il nuovo disegno di legge sul recupero dei debiti, promosso dalla Lega, rischia di cambiare per sempre il rapporto tra cittadini e giustizia civile.
Il disegno di legge sulla riscossione dei debiti non è ancora legge, ma la strada è già tracciata. In commissione Giustizia al Senato i lavori sono ormai conclusi: la maggioranza di centrodestra ha approvato tutti gli emendamenti e il testo è pronto per il voto finale. Dopo il via libera della commissione Bilancio, il provvedimento passerà all’Aula di Palazzo Madama. Da lì, inizierà un iter che potrebbe incidere profondamente sulla vita economica di milioni di italiani.
Secondo il testo, chi ha debiti non saldati — dalle bollette arretrate ai prestiti con società finanziarie — potrebbe ricevere una lettera di intimazione di pagamento direttamente dall’avvocato del creditore. E se entro 40 giorni non risponde o non paga, scatterà il pignoramento automatico, senza passare da un giudice. Una novità che, per molti esperti, rischia di compromettere diritti fondamentali e creare un sistema di riscossione “privatizzato”.
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Il nuovo meccanismo: lettera, 40 giorni di tempo e pignoramento
Oggi, per ottenere un pignoramento, un creditore deve rivolgersi al tribunale civile o al giudice di pace, presentando prove scritte del debito. Solo dopo una valutazione imparziale il magistrato può emettere un decreto ingiuntivo, ordinando al debitore di pagare.
Con la proposta della Lega, invece, questo passaggio sparirebbe. L’avvocato del creditore invierebbe una comunicazione formale — una sorta di “decreto fai-da-te” — allegando documenti, bollette o fatture. Il cittadino avrebbe 40 giorni per saldare o presentare opposizione. Se non lo fa, scatterebbe l’esecuzione forzata: il conto corrente o i beni del debitore potrebbero essere pignorati senza alcuna decisione giudiziale.

L’intenzione dichiarata è snellire un sistema considerato lento e inefficiente. Nel testo del ddl si parla di “farraginosità del sistema giudiziario civile” e di “sfiducia dei creditori nella giustizia italiana”. Tuttavia, come spiega Leonardo Cecchi, coordinatore del Tavolo parlamentare sul sovraindebitamento del Partito Democratico, “in nessuno Stato di diritto si concede a un privato il potere di agire in modo coercitivo contro un altro cittadino senza il controllo di un giudice. È un rovesciamento pericoloso dei principi di garanzia”.
Le critiche: “Un rischio enorme per i cittadini fragili”
Il nuovo modello, se approvato, potrebbe generare effetti collaterali rilevanti. Le preoccupazioni principali riguardano anziani, famiglie a basso reddito e cittadini poco alfabetizzati dal punto di vista giuridico, che potrebbero non capire la portata di una lettera di questo tipo.
“Molti, per paura, pagheranno anche somme non dovute. Altri, convinti che si tratti di una delle tante minacce da parte dei recupero crediti, lasceranno scadere il termine, perdendo ogni tutela”, avverte Cecchi. “Così si aprono le porte anche a truffe e abusi, soprattutto da parte di società energetiche o finanziarie che già oggi vengono spesso segnalate per pratiche scorrette.”
A confermare le preoccupazioni arriva anche la voce del Movimento 5 Stelle. “È il riflesso della visione del governo Meloni,” spiega Ada Lopreiato, capogruppo M5S in commissione Giustizia. “Invece di sostenere chi non riesce a pagare bollette o affitti per l’aumento dei prezzi, si preferisce introdurre una procedura che accelera il pignoramento. È una norma che colpisce i più deboli e rischia di creare un Far West dei debiti.”
Le eccezioni: mutui esclusi, ma restano dentro i prestiti
La riforma, come precisato nel testo, non si applicherà ai mutui bancari né ai contratti stipulati direttamente con istituti di credito. Saranno invece compresi tutti gli altri debiti civili, inclusi quelli verso società finanziarie, fornitori di servizi o intermediari. In pratica, resteranno fuori solo i grandi istituti bancari, ma rientreranno gli operatori del credito al consumo e le aziende di recupero.
“Il testo esclude le banche ma non le finanziarie,” puntualizza ancora Cecchi. “Chi lo ha scritto sa perfettamente la differenza. Così si agevolano proprio gli intermediari e i soggetti che operano nel mercato del credito al consumo, dove i casi di sovraindebitamento sono più frequenti.”
Quando potrebbe entrare in vigore
Il ddl è ancora in fase di approvazione e difficilmente arriverà in Aula prima della fine del 2025, anche a causa dei lavori sulla legge di bilancio. Tuttavia, la Lega considera la misura strategica per “modernizzare” la riscossione. Una volta approvato, il ministero della Giustizia avrà sei mesi di tempo per emanare i decreti attuativi.
Se l’iter dovesse proseguire senza intoppi, la norma potrebbe diventare operativa tra il 2026 e il 2027, trasformando radicalmente il modo in cui vengono gestiti i debiti privati in Italia. Nel frattempo, le associazioni dei consumatori e diversi costituzionalisti stanno preparando osservazioni formali per segnalare le criticità della riforma.
Un provvedimento che potrebbe cambiare tutto
La proposta della Lega nasce con l’intento di semplificare la burocrazia, ma secondo molti rischia di introdurre una giustizia privata a due velocità, dove chi ha strumenti legali può agire con rapidità e chi non li ha resta indifeso. Il tema divide anche tra gli stessi partiti di maggioranza: c’è chi ne sottolinea l’efficienza e chi teme un impatto sociale devastante.
Per ora, l’Italia resta ferma a metà strada tra garanzia e semplificazione, in attesa di capire se il Parlamento sceglierà la via della rapidità o quella delle tutele. Ma una cosa è certa: se questa legge dovesse passare, cambierà per sempre il modo in cui vengono percepiti debito, credito e giustizia civile nel nostro Paese.
