Da deposito di munizioni a parco aperto al pubblico: il Comune di Valeggio sul Mincio rilancia il futuro del Mamaor con eventi, associazioni e tutela ambientale.
Settantasette ettari di verde, nascosti tra le colline moreniche del Garda. Un luogo silenzioso, quasi dimenticato, dove la natura ha riconquistato il tempo e lo spazio lasciato dall’uomo. Il Monte Mamaor, a pochi chilometri da Valeggio sul Mincio, torna oggi al centro dell’attenzione grazie a un progetto di rinascita che unisce memoria storica, ecologia e partecipazione civica.
Per chi lo guarda da lontano, appare come una collina qualunque. Eppure questo rilievo di origine glaciale, immerso tra vigneti e boschi, nasconde una storia militare lunga oltre un secolo.
Dalla polveriera alla rinascita verde
All’inizio del Novecento, il Mamaor fu scelto come polveriera e deposito di munizioni dell’esercito italiano, proprio per la sua posizione defilata, coperta dalla vegetazione e invisibile dalle strade principali.
Tra il 1999 e il 2001, l’area — che conta ottantadue casematte distribuite su un dislivello di 140 metri e il rudere dell’antica corte ottocentesca di Ca’ Carolo — venne dismessa. Dopo anni di abbandono, nel 2018 il Demanio l’ha trasferita al Comune di Valeggio, che oggi ne custodisce la proprietà.

“Il problema sono le risorse”, ammette il sindaco Alessandro Gardoni. “Servirebbero diversi milioni di euro per un recupero completo, ma l’obiettivo è mantenerlo come un’area verde, viva, a disposizione della comunità”.
Negli anni, non sono mancate proposte di riconversione privata, spesso ambiziose e poco sostenibili: resort, campi da golf, persino una casa di riposo di lusso. “Abbiamo respinto ogni ipotesi speculativa”, sottolinea il primo cittadino. “Il Mamaor deve restare un bene pubblico”.
Il ritorno del pubblico e la festa “Respira – Vita al Mamaor”
La prima apertura al pubblico risale al 2019, quando il WWF lanciò l’allarme contro il rischio di compromissione ambientale, ricordando il valore naturalistico e identitario dell’area.
Ora, sei anni dopo, il Monte Mamaor si prepara a una nuova due giorni di “porte aperte”, in programma il 18 e 19 ottobre, con un evento chiamato “Respira – Vita al Mamaor”.
La manifestazione, organizzata dall’associazione di promozione sociale Il Cerchio di Kos, prevede laboratori per bambini, yoga, musica dal vivo, pet therapy, fotografia ed enogastronomia locale. Un modo per riportare le persone a camminare tra i sentieri e riscoprire un luogo dove il silenzio ha custodito la biodiversità.
Negli ultimi mesi, i volontari hanno ripulito e sistemato sette ettari di bosco, riaprendo antichi percorsi e mettendo in sicurezza alcune delle strutture abbandonate.
Un patrimonio naturale da proteggere
Nonostante l’interesse crescente, il Monte Mamaor resta poco conosciuto anche dal punto di vista scientifico. Mancano studi sistematici sulla sua flora e fauna, anche se una tesi di laurea dell’architetto Francesco Varesano ha già mappato alcune delle sue peculiarità.
Tra gli alberi più diffusi compaiono roverella, cerro, acero e carpino, mentre nel sottobosco prosperano ciliegi selvatici, asparagi, pungitopo e una sorprendente varietà di fiori spontanei: ciclamini, anemoni bianchi, gigli di San Giovanni, pervinche e digitali gialle.
A popolare la collina ci sono donnele, faine, tassi, cinghiali, upupe, falchi e averle. E poi i prati aridi, veri gioielli di biodiversità sempre più rari nel paesaggio veneto.
“È un patrimonio unico, che non va solo conservato ma raccontato”, spiega Carlo Nerozzi, presidente del Cerchio di Kos. “Il Mamaor è il luogo ideale per sperimentare un modello di rigenerazione condivisa, in cui istituzioni, associazioni e cittadini collaborano per il bene comune”.
Tra passato e futuro: il sogno del “parco naturale”
L’idea di trasformare l’ex area militare in un parco naturale d’interesse locale non è nuova. Già il WWF, tre anni fa, aveva proposto un piano per la sua valorizzazione sostenibile, con percorsi didattici, aree di osservazione e spazi per eventi culturali all’aperto.
Il Comune, nel frattempo, ha avviato le prime bonifiche ambientali e gli interventi di messa in sicurezza, ma la visione è più ampia: fare del Mamaor un laboratorio di rinascita ecologica e partecipata.
“Qui si può unire memoria e futuro”, dice l’architetto Federico Signorelli, che collabora con il progetto. “Le vecchie strutture militari possono diventare spazi espositivi, centri educativi o punti di osservazione naturalistica. Non serve cancellare la storia, ma reinterpretarla in chiave sostenibile”.
Un tesoro nascosto tra le colline del Garda
Il Monte Mamaor è oggi un simbolo del Veneto che cambia: da luogo di difesa a spazio di incontro, cultura e biodiversità.
I suoi 770mila metri quadrati di verde rappresentano un polmone naturale che, pur vicinissimo ai centri abitati, rimane lontano da traffico e cemento. Un rifugio dove la natura ha avuto il tempo di respirare, rigenerarsi e ora — finalmente — di essere riscoperta.