Veneto sotto shock: quasi un miliardo di imposte sparite dai bilanci pubblici

Buco

Buco nelle casse Venete-battisteropadova.it

Lorenzo Fogli

Ottobre 24, 2025

Oltre 970 milioni di euro non riscossi tra Imu, Tari e contravvenzioni. Il governo prepara una centrale unica della riscossione e sanzioni per gli enti inadempienti.

C’è un buco che cresce anno dopo anno nei bilanci dei Comuni veneti: quasi un miliardo di euro di tasse e multe mai pagate, un “magazzino” di crediti che difficilmente verrà recuperato. È la somma di Imu non versata, tasse rifiuti, canoni di occupazione suolo pubblico, imposte pubblicitarie e contravvenzioni non saldate. Una montagna di denaro, pari a 971 milioni di euro, che pesa sui conti pubblici locali e rischia di aumentare ancora.

Ogni Comune tenta di recuperare quanto dovuto, spesso affidandosi all’Agenzia delle Entrate, a società partecipate o a concessionari privati. Ma i risultati restano modesti. Così, ogni anno, la cifra cresce, insieme ai fondi accantonati per legge nei bilanci comunali per garantire l’equilibrio finanziario. Solo negli ultimi bilanci, Treviso ha bloccato altri 4,7 milioni, Vicenza 3,5, Venezia 5,9, Padova 2,8 e Verona 5,1.

Il piano del governo: nasce la centrale unica della riscossione

Il problema, già segnalato dalla Corte dei Conti, non riguarda solo il Veneto. Su scala nazionale, il “magazzino” dei crediti non riscossi tocca i 25 miliardi di euro, di cui appena 6 ritenuti realisticamente esigibili. Per questo, il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) ha deciso di intervenire nella nuova manovra finanziaria.

Il piano prevede la nascita di una centrale unica della riscossione, gestita dalla società pubblica Amco, già specializzata nel recupero dei crediti deteriorati. L’obiettivo dichiarato è quello di centralizzare la riscossione di Imu, Tari, multe e imposte locali, liberando Comuni, Province e Città metropolitane da un compito che spesso non riescono a svolgere con efficacia.

Tasse
Sanzioni pesanti per la regione-battisteropadova.it

Ma la novità non convince affatto gli enti locali. L’Anci Veneto parla apertamente di “ritorno al passato”, evocando i tempi di Equitalia, quando la riscossione era gestita dallo Stato centrale. E non è solo una questione organizzativa: nel testo della manovra compare anche una clausola punitiva per i Comuni che decideranno di non aderire al sistema centralizzato.

Chi continuerà a gestire in autonomia la riscossione e non raggiungerà risultati ritenuti sufficienti rischierà sanzioni pesanti, tra cui la sospensione dei trasferimenti statali (ad eccezione dei fondi Pnrr e Pnc) e il blocco delle assunzioni e dei contratti di collaborazione. Una stretta che molti amministratori definiscono “draconiana” e che ha già acceso un duro scontro politico.

Le proteste dei Comuni e il nodo dei fondi bloccati

L’Anci chiede di rivedere completamente la norma. “Piuttosto che punire i Comuni, servirebbe un incentivo per migliorare la riscossione”, afferma Carlo Rapicavoli, direttore dell’associazione in Veneto. “Bisogna anche riformare il fondo crediti di dubbia esigibilità, che oggi immobilizza risorse ingenti e impedisce di finanziare servizi essenziali per i cittadini.”

Questo fondo, infatti, impone ai Comuni di accantonare una parte delle entrate potenzialmente non recuperabili per evitare squilibri di bilancio. Ma, come denuncia l’Anci, si tratta di soldi che restano fermi nei conti pubblici, mentre le amministrazioni locali sono costrette a tagliare spese e investimenti.

Il paradosso è che, pur con conti formalmente “sani”, molti Comuni si trovano impossibilitati a utilizzare risorse proprie per interventi urgenti su strade, scuole e servizi sociali. L’associazione chiede quindi maggiore flessibilità e la possibilità di reinvestire almeno parte dei fondi accantonati.

Debiti con Province, Regioni e Stato: il peso nascosto

Il problema non si ferma ai Comuni. In Veneto, i cittadini devono soldi anche a Province, Regione e Stato. Secondo i dati del Mef, il carico fiscale da riscuotere raggiunge 70,7 miliardi di euro a livello nazionale. Per comprendere la portata, basti pensare che il bilancio triennale 2025-2027 della Regione Veneto vale circa 19 miliardi.

La manovra del Mef, però, si concentra solo sugli enti locali, obbligandoli a istituire il fondo per i crediti di dubbia esigibilità e a partecipare, almeno in parte, al sistema di riscossione unificato. Chi non lo farà, o non riuscirà a migliorare i risultati, verrà penalizzato con tagli e blocchi operativi.

Una scelta che, secondo molti sindaci, rischia di colpire anche gli enti virtuosi, che pur avendo bilanci in ordine si trovano a fronteggiare evasione cronica e impossibilità pratiche di recupero. “Bisognerebbe piuttosto lavorare sull’educazione civica e fiscale — sostiene l’Anci Veneto — perché ogni mancato pagamento si traduce in più tasse per chi paga regolarmente e in meno servizi per tutti.”

Un equilibrio difficile tra rigore e realtà

Il governo difende il provvedimento come una misura di responsabilità. L’idea è quella di liberare risorse bloccate e recuperare almeno una parte delle somme non riscosse, che in molti casi risalgono a oltre dieci anni fa. Ma la realtà è più complessa: molte cartelle sono ormai prescritte o inesigibili, mentre altre riguardano cittadini o aziende fallite.

Nel frattempo, il rischio è che i Comuni finiscano per perdere autonomia finanziaria, sostituiti da un sistema centralizzato che incassa a livello statale e ridistribuisce solo in parte. Una prospettiva che spaventa i territori e riapre il dibattito su un tema mai risolto: la riscossione locale come tallone d’Achille della pubblica amministrazione italiana.

E mentre il governo si prepara a varare la nuova struttura, i Comuni veneti continuano a fare i conti con le proprie cifre. Per ora, nei bilanci resta fermo quasi un miliardo di euro che nessuno sa se e quando verrà recuperato.