“Addio pensione a 63 anni”: la decisione shock del Governo spiazza milioni di italiani

Pensione

Credevi di andare in pensione? Forse adesso non più-battisteropadova.it

Lorenzo Fogli

Ottobre 26, 2025

Stop alle uscite anticipate e solo piccoli aumenti per le minime: dal 2027 servono più anni di contributi e si allungano i tempi per la pensione.

La bozza della Manovra 2026, approvata il 17 ottobre dal Consiglio dei ministri, segna una svolta netta sul fronte pensioni.

Dopo mesi di voci e indiscrezioni, arrivano conferme: Quota 103 e Opzione Donna non saranno prorogate, lasciando come unico strumento di uscita anticipata l’Ape sociale, riservata a categorie specifiche di lavoratori.

Al tempo stesso, dal 2027 scatterà un aumento graduale dei requisiti anagrafici e contributivi per il pensionamento, che interesserà milioni di italiani.

Età pensionabile in aumento dal 2027

La nuova tabella dei requisiti, contenuta nella bozza, stabilisce che dal 2027 l’età per la pensione di vecchiaia salirà a 67 anni e un mese, mentre la pensione anticipata richiederà 42 anni e 11 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 11 mesi per le donne.

Un ulteriore scatto arriverà nel 2028, quando serviranno 67 anni e tre mesi per la vecchiaia e 43 anni e un mese di contributi per l’anticipo.
La Manovra introduce però una deroga parziale: l’aumento dei requisiti sarà sospeso fino al 2028 per i lavoratori gravosi e usuranti, una platea che rappresenta circa il 2% dei nuovi pensionati.

Cosa cambia
A che età andremo in pensione-battisteropadova.it

Secondo il Ministero dell’Economia, la misura consente di contenere i costi del blocco totale, che sarebbero arrivati a quasi 3 miliardi di euro. Il risparmio stimato, con l’applicazione graduale, è di circa 2 miliardi.

Abolite Quota 103 e Opzione Donna

Il capitolo più discusso della Manovra è lo stop a Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi), introdotta come misura transitoria nel 2023. Troppo costosa e poco utilizzata, secondo il Ministero, viene sostituita da un sistema più rigido che scoraggia le uscite anticipate.
Fuori anche Opzione Donna, la formula che permetteva alle lavoratrici di andare in pensione a 58 o 59 anni accettando un assegno ridotto. Resta invece in piedi, almeno per il 2026, solo l’Ape sociale, che consente l’uscita a 63 anni e 5 mesiper disoccupati, invalidi, caregiver e lavoratori in attività gravose.

Sul tavolo era arrivata anche la proposta di rendere più accessibile il pensionamento contributivo a 64 anni, finanziandolo con il TFR accantonato presso l’Inps. L’idea — sostenuta dal sottosegretario Durigon — avrebbe permesso ai lavoratori con carriere miste di usare parte del proprio trattamento di fine rapporto per anticipare l’uscita, ma i sindacati hanno bocciato la proposta definendola “una scorciatoia pericolosa”.

Pensioni minime, aumenti limitati e perequazione al ribasso

Per le pensioni minime, la Manovra prevede un incremento simbolico: 20 euro lordi al mese, pari a circa 12 euro netti. È previsto anche un adeguamento dell’1,3% aggiuntivo rispetto al tasso generale d’inflazione.

L’adeguamento complessivo (perequazione) per il 2026 si attesterà intorno all’1,7%, ma con differenziazioni in base all’importo dell’assegno.
Come ha dichiarato il ministro Giancarlo Giorgetti, “la priorità resta la sostenibilità del sistema”, ma non è escluso che il Parlamento possa introdurre modifiche nella versione definitiva della legge di bilancio.

Sul piano delle risorse, la Manovra stanzia 3,6 miliardi nel triennio 2026-2028 per le misure previdenziali: 500 milioni nel 2026, 1,9 miliardi nel 2027 e 1,2 miliardi nel 2028. Una cifra che, secondo gli esperti, “non basterà ad affrontare l’invecchiamento della popolazione”.

Il contesto: spesa in crescita e sostenibilità in bilico

Secondo l’ultimo rapporto Inps, la spesa previdenziale ha raggiunto i 364 miliardi di euro nel 2024, pari al 16,9% del Pil. La proiezione al 2040 parla di un peso fino al 17,1% del Pil, complice il pensionamento dei baby boomers.

L’età media di uscita dal lavoro è oggi di 64,8 anni, sette in più rispetto al 1995, segno che le riforme hanno già spostato in avanti la soglia di pensionamento. Tuttavia, la crescita delle pensioni assistenziali (+33% negli ultimi dieci anni) mostra come il sistema stia sopportando un carico sempre più pesante.

Il rischio di una riforma a metà

Il governo difende la linea della prudenza, ma per i sindacati è “una manovra che punisce chi ha lavorato una vita”. L’aumento graduale dei requisiti, unito all’abolizione di Quota 103 e Opzione Donna, rischia di lasciare migliaia di lavoratori senza una via d’uscita sostenibile.
“Serve una riforma strutturale, non misure tampone ogni anno”, afferma la segretaria Cgil Daniela Barbaresi.

Con un sistema previdenziale sempre più squilibrato e una popolazione che invecchia rapidamente, la Manovra 2026 sembra limitarsi a guadagnare tempo, rimandando di nuovo il vero nodo: quando e come si potrà davvero andare in pensione in Italia.