«Non doveva accadere così»: la storia di Pelù che ha sconvolto anche i fan più fedeli

Piero Pelù

Piero Pelù. Fonte foto www.wikipedia.org-battisteropadova.it

Lorenzo Fogli

Ottobre 28, 2025

Il rocker fiorentino ripercorre tra palco e cinema la battaglia contro l’acufene e la scoperta di una nuova normalità

La musica è stata il primo linguaggio di Piero Pelù fin da quando, bambino, aveva risparmiato le paghette per comprare una chitarra. Da tre anni, però, la sua vita quotidiana è segnata da un suono diverso, un fischio continuo, nato dopo un incidente acustico avvenuto nel 2022 durante una sessione in cuffia gestita male da un fonico.

L’autore e cantante, oggi 63 anni, ne ha parlato più volte, perché trovare la forza di affrontare quel trauma ha richiesto tempo, terapie e un sostegno personale non sempre scontato. Due tournée rimandate, momenti di buio, un adattamento lento a una condizione clinica incurabile, la forma di acufene più ostica da sopportare. Non ha perso la testa, per usare una sua espressione, ma ha dovuto ristrutturarla un po’, inventando un nuovo equilibrio.

Nel 2024 Pelù è tornato in scena con l’album Deserti, poi in primavera con il tour Il ritorno del Diablo. A ottobre ha pubblicato anche Sos, brano dedicato alla Palestina e scaricabile online. Parallelamente, ha dato forma a un progetto cinematografico, nato dall’urgenza di raccontare quello che gli è accaduto senza scivolare nel pietismo. Il risultato è “Piero Pelù. Rumore dentro”, film prodotto da Nexo Studios, presentato prima alla Mostra del Cinema di Venezia e poi atteso nelle sale italiane come evento speciale il 10, 11 e 12 novembre, con un’anteprima il 5 novembre al Festival dei Popoli. Pelù preferisce chiamarlo semplicemente un viaggio, un percorso lontano da biografie romanzate, un modo per riprendere la vita in mano. E non lasciare che il fischio nel cervello decida per lui.

L’acufene dopo lo shock acustico e la lotta per restare sul palco

Il racconto dell’acufene non è un dettaglio laterale, riguarda la sopravvivenza artistica di un musicista che lavora con i suoni. Pelù ricorda lo schianto improvviso nelle orecchie, lo svenimento e i giorni successivi, quando ogni rumore diventava una minaccia. Ha perso serenità nelle piazze, nei locali, perfino al ristorante: posate che sbattono, voci troppo alte, frequenze acute. Per questo usa spesso tappi protettivi, anche durante le serate tra amici. Ha imparato a convivere con ipersensibilità e ansia, senza rinunciare alla sua voce. Ha raccontato di essersi costruito da sé un sistema per cantare e per tornare sul palco, sperimentando regolazioni sonore che non aggravassero il suo male. Una gestione difficile, già, ma che dimostra una volontà che non si spegne.

I Litfiba
I Litfiba. Fonte foto www.wikipedia.org-battisteropadova.it

La depressione è entrata nella sua storia dopo l’incidente. Pelù non la nasconde. Dice che gli alti e bassi sono stati frequenti e che l’aiuto è arrivato da tante direzioni: la musica in primis, gli amici di una vita, i viaggi che riattivano la mente e, perché no, la sua cagnolina Tina, presente anche sul red carpet di Venezia. Un nome che richiama un pezzo di storia musicale, da Tina Modotti a Tina Turner, fino a Tina Weymouth dei Talking Heads. Parlare della sofferenza attraverso l’arte, nelle immagini del film, gli ha permesso di togliere peso a quel dolore che, anche se non passa, almeno smette di comandare.

In Rumore dentro vediamo luoghi che appartengono all’immaginario ribelle di Pelù. Il Marocco del pittore Jean Vérame, con le rocce colorate nel deserto. La Camargue, a Saintes Maries de la Mer, patria di rom e gitani che venerano Santa Sarah, figura che il rocker sente vicina ai viaggiatori e agli esclusi. Lui stesso mostra il tatuaggio che porta sul braccio, con il suo nome. Poi c’è Firenze, casa e memoria. I cunicoli della via de’ Bardi, che definisce la placenta della sua vita artistica, scorrono insieme a foto e Super 8 salvati negli anni con cura maniacale. Sorprese di celluloide che raccontano un Pelù curioso di sé stesso, più di quanto voglia ammettere.

Famiglia, radici, cambiamenti e una maturità conquistata

Il film non evita il privato, pur restando nel rispetto dei suoi confini. A Firenze incontriamo le tre figlie, di cui parla raramente: Greta, Linda e Zoe, nate da relazioni diverse. Dal 2019 è sposato con la pianista Gianna Fratta, che condivide col rocker una vita divisa tra musica e viaggi. C’è lo sguardo sui genitori, entrambi ancora presenti nei suoi ricordi e nei filmati. Il padre Giovanni, oggi 98 anni, un passato da radiologo e un Alzheimer che lascia spiragli di lucidità, fino a battute improvvise come «il diavolo gigante!». La madre Cristina, molto rigida, che non ha mai amato il figlio ribelle che aveva deciso di inseguire un punk lontano dai salotti buoni.

La costruzione del Pelù artista parte dal liceo classico, che descrive come un periodo durissimo e germinale. Una stagione di conflitti che ha acceso la necessità di scrivere, viaggiare, andare oltre. Le radici punk, i tentativi a Londra all’inizio degli anni 80, poi la delusione per una scena musicale troppo estetica e poco spontanea. Il ritorno a Firenze, l’incontro con i Litfiba, il successo che esplode e il look che cambia ma resta eccessivo, in ogni epoca, con ironia. Viaggiare è ancora oggi la sua cura preferita: prendere un camper, sparire per qualche giorno, usare la strada come meditazione. Pelù si definisce nomade nel cuore, uno che si adatta a tutto e può sentirsi a casa ovunque.

Nelle parole del film torna spesso la forza dei verbi. Come Re-agire, detto lentamente in scena. Significa ricominciare, inventare un sé nuovo, liberare la mente prima che sia lei a liberarsi di te, dice Pelù. Rumore dentro porta sullo schermo una lotta che non si vede ma che c’è ogni secondo: quella contro un suono invisibile che non va via. Il rocker sceglie di mostrarla, senza filtri, trasformando la malattia in un racconto, non in un impedimento. Per chi segue la sua carriera da anni, è un ritorno inaspettato e pieno di consapevolezza.