La circolare INPS spiega come ottenere il contributo fino a 480 euro per le madri con contratto dipendente o autonome e almeno due figli
Roma, 31 ottobre 2025. Arriva il via libera ufficiale al bonus dedicato alle madri lavoratrici con almeno due figli. L’INPS ha pubblicato la circolare che chiarisce regole, requisiti e modalità per richiedere il contributo, introdotto dal governo a fine giugno e ora operativo. Si tratta di un aiuto economico che vale fino a 480 euro l’anno, cioè 40 euro al mese, destinato a sostenere chi lavora con figli piccoli e redditi entro i 40mila euro annui. Il bonus si aggiunge agli strumenti già esistenti e punta a dare un ulteriore sostegno alla natalità, tema su cui l’esecutivo insiste ormai da mesi. La misura riguarda lavoratrici dipendenti, sia del settore pubblico che privato, e lavoratrici autonome, mentre non ne beneficiano le collaboratrici domestiche.
La circolare pubblicata mercoledì rappresenta il passaggio che molte famiglie attendevano, perché definisce con precisione a chi spetta l’importo e come fare domanda. Da oggi, infatti, le richieste possono essere inoltrate attraverso il sito INPS tramite SPID, CNS o CIE, via call center o con l’assistenza di un CAF o patronato. Una procedura semplice, almeno sulla carta, ma che richiede attenzione ai requisiti temporali e ai vincoli legati ad altre agevolazioni già in vigore.
INDICE
Requisiti e limiti: chi ha diritto al bonus e per quanto tempo
Il bonus è riconosciuto alle madri con almeno due figli e un’occupazione attiva. Nel dettaglio, possono presentare domanda:
le mamme con due figli, fino ai 10 anni del secondo figlio
le mamme con tre o più figli, fino ai 18 anni del più piccolo
Il criterio anagrafico è cruciale: la misura segue da vicino l’età del figlio più giovane, e l’erogazione termina automaticamente una volta superato il limite fissato. Restano però fuori le madri con contratto a tempo indeterminatoche hanno tre o più figli, perché già coperte da un altro incentivo previsto fino al 31 dicembre 2026: l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali entro il limite di 3.000 euro annui (250 euro lordi al mese). Significa che una fascia di donne con occupazione stabile e tre figli non potrà sommare le due agevolazioni, scelta che il legislatore ritiene coerente con l’ampiezza del beneficio più strutturato già attivo per loro.

Il contributo riconosciuto dall’INPS, pari a 40 euro mensili, può sembrare modesto a un primo sguardo, già. Ma l’istituto sottolinea che si affianca ad altri strumenti e che l’obiettivo resta sostenere in modo cumulativo le famiglie, evitando sovrapposizioni eccessive che rischierebbero di creare disparità all’interno dello stesso segmento di lavoratrici. Non tutte, infatti, hanno accesso ai maxi-esoneri contributivi, soprattutto nel caso delle autonome. Ed è proprio qui, spiegano fonti tecniche, che si inserisce questa misura: un modo per riconoscere anche l’impegno di chi lavora fuori dai contratti standard ma cresce figli piccoli.
Un punto pratico da ricordare riguarda la soglia di reddito: possono accedere solo le madri con redditi fino a 40mila euro annui. Il calcolo viene verificato dall’INPS, che incrocia i dati fiscali e contributivi già in archivio.
Come si richiede il bonus e cosa chiarisce la circolare INPS
Per ottenere il contributo esistono tre strade, tutte attive da subito. Il metodo più rapido resta quello telematico: sul portale INPS, accedendo con SPID, CIE o CNS, è disponibile la sezione dedicata alla domanda. Chi preferisce una modalità assistita può chiamare il numero verde 803164 da rete fissa o lo 06164164 da cellulare, ricordando che il secondo prevede costi secondo il piano tariffario. In alternativa, ci si può rivolgere ai patronati e ai CAF, come già accade per altri strumenti di welfare.
La circolare specifica che il contributo è valido mensilmente e che l’erogazione segue la regolare posizione lavorativa. Se il rapporto di lavoro si interrompe, cambia o viene sospeso, è necessario aggiornare l’INPS per non perdere il diritto o incorrere in irregolarità future. Questo significa che il bonus dialoga strettamente con la posizione contributiva della madre: non basta averne diritto una volta, serve mantenerlo nel tempo, esattamente come accade con molti altri incentivi legati alla condizione lavorativa.
Riguardo la compatibilità con altre forme di pagamento
Un punto interessante riguarda la compatibilità del bonus con altre forme di sostegno. La circolare ricorda che non vi è incompatibilità con gli assegni familiari o altre misure analoghe legate ai figli, ma ribadisce che non è cumulabile con l’esonero contributivo totale previsto per le mamme lavoratrici a tempo indeterminato con tre o più figli. Una distinzione che evita doppi vantaggi e discontinuità tra categorie.
L’INPS invita chi ha diritto al bonus a controllare regolarmente la propria posizione sul portale, perché un cambiamento nelle condizioni lavorative o familiari può modificare l’importo o la durata dell’erogazione. Una raccomandazione forse scontata, ma utile, soprattutto in una fase in cui le famiglie incrociano più strumenti di sostegno contemporaneamente e rischiano, senza volerlo, di incorrere in sovrapposizioni.
La sensazione generale è che la misura si inserisca in un percorso graduale di aiuto alla genitorialità attiva, una delle espressioni più ripetute nei documenti ministeriali di questi mesi. Il bonus non risolve da solo le sfide quotidiane delle madri lavoratrici — questo lo sa chiunque abbia cresciuto figli e gestito un lavoro — ma rappresenta un tassello che si aggiunge a un quadro più ampio.
Come sempre accade quando una norma entra nella fase applicativa, i prossimi mesi diranno quanto sarà semplice per le famiglie utilizzarla e quanto riuscirà a incidere nella pratica. Per ora, chi rientra nei requisiti può iniziare la procedura e verificare, passo dopo passo, l’effettiva erogazione. E, come spesso accade in Italia, saranno proprio le storie quotidiane delle persone a raccontare se questo tassello farà davvero la differenza.
