Non è panettone né pandoro: il dolce toscano facile da preparare che conquista ogni inverno (e pochi conoscono bene)

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Lorenzo Fogli

Ottobre 31, 2025

Dal pan mielato medievale alle varianti moderne: viaggio nella tradizione senese e consigli per prepararlo a casa senza sbagliare

Certe ricette hanno un modo tutto loro di accendere ricordi prima ancora di essere assaggiate. Basta un profumo, una scorza candita, quel colore dorato che si taglia con un coltello appena tiepido. Il panforte, a Siena, non è solo un dolce natalizio: è un gesto di famiglia, un pezzo di storia che torna in cucina ogni dicembre, e un simbolo della convivialità più genuina.

Questo antico dessert toscano appare semplice, eppure racchiude secoli di tradizione e piccoli riti che resistono allo scorrere del tempo. Già nel Mille se ne parlava, anche se allora si chiamava pan mielato: una focaccia ricca di miele che non aveva ancora quella nota intensa di frutta e spezie che oggi conosciamo. Poi qualcosa cambiò, e come succede alle ricette nate dalla pazienza e dall’osservazione, si trasformò lentamente, fino a diventare il dolce che vediamo sulle tavole natalizie e nei cesti più eleganti.

La frutta, quando venne aggiunta, non portò subito fortuna. Le prime versioni fermentavano, il caldo rovinava tutto, e quel gusto più acido diede il nome panforte, cioè pane forte, deciso, capace di farsi ricordare. Col tempo i senesi capirono che la temperatura era la chiave, e iniziarono a prepararlo nei giorni più freddi. È rimasto così: un dolce d’inverno, legato alla festa, all’attesa e ai riti del Natale.

Origini medievali e varianti: quando un dolce diventa identità

Le due versioni più note oggi sono il panforte bianco e il panforte nero, detto anche pan pepato. La prima è delicata, profumata, ricoperta di zucchero a velo. La seconda, più antica, deve il suo carattere all’uso del pepe dolce e del melone candito, che a Siena chiamano “popone”. In tutte le varianti restano centrali le mandorle, i canditi e una miscela di spezie. Ogni famiglia ne custodisce una propria interpretazione, spesso tramandata come un segreto da rispettare, e già questo racconta quanto questo dolce appartenga alla memoria collettiva toscana. A Siena è tradizione offrirlo con un vino da meditazione, in silenzio, quasi fosse un momento sacro. Lo sappiamo: certe tradizioni non hanno bisogno di troppe spiegazioni, basta viverle.

La ricetta
La ricetta del Panforte-battisteropadova.it

Prepararlo in casa non è complicato, ma richiede attenzione. Niente lievito, niente margini di distrazione: il panforte nasce da un impasto denso e compatto, fatto con miele, zucchero, farina e un mix di frutta secca e candita che profuma già di festa. Si scalda lo sciroppo, si amalgamano gli ingredienti, si arricchisce tutto con cannella, noce moscata, coriandolo e chiodi di garofano. Poi l’impasto, ancora caldo e quasi ribelle, si spinge e si assesta in uno stampo rivestito da ostia, proprio come si faceva un tempo. È un dolce che va domato, lavorato energicamente, senza timori.

E sì, c’è un dettaglio che chi lo prepara per la prima volta scopre quasi sempre così, per caso: non bisogna lasciarlo raffreddare troppo prima di sformarlo, perché altrimenti si rischia di rovinare i bordi. Un gesto semplice, eppure fondamentale, come succede spesso nelle tradizioni autentiche: la ricetta è tutto, ma il tocco umano fa la differenza.

Consigli, atmosfera e il motivo per cui vale la pena farlo in casa almeno una volta

Chi decide di fare il panforte in casa porta in cucina un po’ di Toscana e un po’ di Natale vero. Mettere le mandorle in una ciotola, vedere il miele sciogliersi, sentire le spezie che salgono dal pentolino non è solo pasticceria: è una pausa dal ritmo veloce delle feste moderne. È l’idea di “preparare per qualcuno”, quella che rende il Natale più caldo. Per molti diventa un rito: un gesto ripetuto ogni anno, come appendere le luci o mettere la musica giusta.

La bellezza del panforte sta anche nella sua lunga conservazione. Si può prepararlo prima, lasciarlo riposare, regalarlo a una persona cara dentro carta da forno e uno spago rustico. È un dolce che parla da sé, non ha bisogno di orpelli. E quando arriva il momento dell’assaggio, quel mix di mandorle, agrumi, miele e spezie scalda il palato come poche altre cose. A tavola va tagliato in piccoli spicchi, perché è ricco, avvolgente, quasi meditativo.

Chi preferisce, può sostituire una parte delle mandorle con nocciole o usare canditi diversi, purché si rispettino equilibrio e intensità. In Toscana c’è chi giura che “la scorza d’arancia comanda”, chi mette più miele, chi dosa le spezie a occhio, fidandosi dell’olfatto. È così che le tradizioni respirano: non restano ferme nei libri, ma vivono nel gusto e nella mano di chi le prepara.

Il panforte è un invito a prendersi il proprio tempo. A riscoprire un dolce che ha attraversato mille anni di storia senza perdere il suo carattere. A sentire il Natale non solo in ciò che vediamo, ma in ciò che cuciniamo, tagliamo, condividiamo.

E, già, ogni fetta racconta che le cose buone non hanno fretta. Mai.