L’edizione numero ventisette del Padova Jazz Festival accende la città dal 6 al 23 novembre 2025, tra concerti unici, luoghi simbolici e mostre che raccontano un mondo musicale carico di storia e passione.
Padova, 27 ottobre 2025. Il Padova Jazz Festival 2025 è pronto a riportare il grande jazz nel cuore della città. Un appuntamento atteso, ormai parte dell’identità culturale del territorio, che quest’anno si estende per quasi tre settimane, dal 6 al 23 novembre, chiamando sul palco artisti riconosciuti sulla scena internazionale e protagonisti del jazz italiano più contemporaneo.
Un festival che non vive solo nelle sale da concerto ma si diffonde in alcuni tra i luoghi più ricchi di storia e simboli della città, dal Teatro Verdi al Caffè Pedrocchi, passando per gli spazi prestigiosi dell’Università di Padova. Un dialogo vivo tra musica e memoria urbana, reso possibile dalla collaborazione con l’Amministrazione comunale, partner storico dell’iniziativa.
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Concerti nei luoghi simbolo e un legame profondo con la città
Padova vanta un rapporto speciale con il jazz. Una tradizione che non si esaurisce sul palcoscenico, ma che nel corso degli anni ha definito una comunità di ascoltatori affezionata e sempre più numerosa. Il Padova Jazz Festival 2025 mira proprio a rafforzare questa identità. Ogni evento diventa occasione per avvicinare un pubblico eterogeneo, fatto di appassionati di lunga data e nuovi curiosi che si lasciano catturare dal fascino di una musica in cui improvvisazione e racconto convivono.

Il Teatro Verdi ospiterà le serate più attese, con grandi nomi del panorama internazionale che trasformano l’esibizione in un’esperienza emotiva totale, capace di far vibrare platee intere. Il Caffè Pedrocchi, luogo iconico e profondamente legato alla vita culturale padovana, farà da cornice a performance più intime, dove il suono del jazz incontra il gusto dell’incontro ravvicinato con gli artisti. Anche le sale dell’Università di Padova non resteranno in silenzio: la musica accenderà spazi dove ogni giorno si costruisce conoscenza, creando un simbolico ponte tra ricerca, cultura e sperimentazione sonora.
Questo festival, già da anni, rappresenta un’insolita ma felice alleanza tra tradizione e innovazione. La programmazione è pensata per raccontare cosa sia oggi il jazz e dove stia andando. Una musica che sa adattarsi, cambiare, contaminarsi, senza perdere la propria radice profonda. E Padova ne diventa una città ambasciatrice.
Dietro a questa manifestazione c’è un lavoro costante di produzione culturale, un impegno nel portare in Veneto progetti artistici originali che molto spesso il pubblico non avrebbe modo di ascoltare dal vivo. Il tutto con la volontà di generare un impatto che resti oltre la serata di spettacolo, costruendo quel capitale culturale che non si misura in biglietti venduti ma nel desiderio di conoscenza che resta nelle persone.
Mostre fotografiche: il jazz in uno sguardo, fra memoria e identità
Il festival non si limita al suono. Quest’anno uno degli obiettivi è dare spazio alla memoria visiva del jazz, attraverso due mostre che raccontano storie diverse ma complementari.
La prima è “Jazz Notes”, firmata dal fotografo Giuseppe Cardoni, ospitata nella Sala Verde del Caffè Pedrocchi dal 21 ottobre al 23 novembre. Un viaggio lungo vent’anni, fatto di incontri e attese dietro le quinte, con i grandi interpreti del jazz mondiale: Keith Jarrett, Paolo Fresu, Tom Harrell, Carla Bley, Bireli Lagrene, Renato Sellani. Un diario visivo che sembra aprire una porta segreta sulla vita di chi il jazz lo crea davvero sul palco, tra un assolo improvviso e un respiro di concentrazione. L’inaugurazione è fissata per il 6 novembre alle ore 18.30, quasi a segnare l’avvio emotivo dell’intera manifestazione.
La seconda è “Live Jazz. Antologia fotografica 1975-2025” di Michele Giotto, visitabile alle Scuderie di Palazzo Moroni dal 30 ottobre al 30 novembre. Una raccolta che attraversa mezzo secolo di musica suonata dal vivo. Foto nate su pellicola, scatti inediti riesumati dagli archivi personali dell’autore, immagini potenti che raccontano quanto il jazz sia una forma d’arte che vive nell’istante e nella carne dei musicisti. Qui lo spettatore scopre volti, sudore, mani, luci di palco, tutto ciò che non si può ascoltare ma che il jazz porta dentro.
Le mostre completano il festival senza essere un semplice contorno. Anzi, regalano al pubblico la possibilità di osservare la musica quando la musica non suona. Forse è proprio in questo silenzio che il jazz rivela la sua identità più vera.
La città, attraverso questa pluralità di linguaggi, si conferma un laboratorio di cultura viva. Chi attraverserà Padova in queste settimane potrà sentire il festival prima ancora di vederlo, nei luoghi che raccontano la sua storia e nella curiosità della gente che ha voglia di lasciarsi sorprendere.
