Quando andrai davvero in pensione: la risposta non è quella che immagini

Manovra

Con il 2026 cambia l'età pensionabile-battisteropadova.it

Lorenzo Fogli

Novembre 1, 2025

Le novità sulle pensioni 2026 sono poche ma pesanti. L’aumento dei requisiti dal 2027 è confermato: una variazione piccola, che però inciderà sul momento dell’uscita dal lavoro di milioni di italiani.

Roma, 27 ottobre 2025. Dopo mesi di voci e proposte, il quadro inizia a essere chiaro. Il Governo ha scelto la strada più prudente sugli adeguamenti dell’età pensionabile. La misura che farà più discutere riguarda l’aumento dell’età di uscita dal lavoro, legato all’andamento dell’aspettativa di vita. Un meccanismo che non si basa su una decisione politica ma su un calcolo automatico fissato dalla legge.

Nel 2027 l’età della pensione di vecchiaia salirà di un mese, nel 2028 di altri due mesi. Tre mesi in totale, distanziati su due anni. Piccoli numeri sulla carta, ma che aprono un tema molto grande: lavorare più a lungo è ormai la normalità. Un sacrificio distribuito su molti, tranne alcune categorie, perché i lavori usuranti e gravosi resteranno esclusi per ora. Operatori notturni, addetti alle catene di montaggio, facchini, personale sanitario turnista e maestre d’asilo continueranno ad avere una tutela particolare. Tutti gli altri dovranno ricalcolare i propri piani di vita.

Adeguamento all’aspettativa di vita e i meccanismi che spingono in avanti l’uscita dal lavoro

Il principio è semplice: si vive più a lungo e si deve rimanere più tempo al lavoro. Il cosiddetto «rischio buono» della longevità viene scaricato sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori. Questo meccanismo nasce dalle riforme Sacconidel 2009-2010 ed è stato reso più rapido dalla riforma Monti-Fornero del 2011, con adeguamenti ormai biennali. Il dibattito politico aveva tentato di congelare gli aumenti previsti dal 2027, ma la stima dei costi (circa 3 miliardi l’anno) ha bloccato ogni passo in quella direzione. Per questo si è arrivati al compromesso attuale, meno costoso per i conti pubblici.

La manovra
Pensioni sempre più lontane-battisteropadova.it

La pandemia ha rallentato il processo. Il crollo dell’attesa di vita durante il Covid ha azzerato gli adeguamenti per tre cicli consecutivi: 2021, 2023 e 2025. Se il virus non fosse arrivato, probabilmente l’Italia avrebbe già affrontato incrementi regolari. Ora quel “ritardo” viene parzialmente recuperato. Le simulazioni Istat stimano che nel 2028 il requisito della vecchiaia sarà 67 anni e 3 mesi. Poi, dal 2029 in avanti, il sistema riprenderà a crescere ogni due anni.

Se la longevità continuerà ad aumentare, la soglia potrebbe arrivare a 68 anni e 3 mesi nel 2046, o addirittura fino a 69 anni e 6 mesi negli scenari più estremi. Non cresce mai più di tre mesi ogni biennio, ma tutto ciò che non sale viene «recuperato» nel ciclo successivo. Una matematica rigida.

Cosa cambia per chi ha versato contributi dopo il 1995

La questione non riguarda solo l’anagrafe. C’è una differenza profonda tra chi ha contributi versati prima del 1996 e chi li ha solo dopo. Per i primi resta il doppio canale: pensione di vecchiaia a 67 anni fino al 2026 e pensione anticipata con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Per i secondi, invece, i requisiti si complicano. Chi nel sistema contributivo puro non raggiunge una pensione almeno pari all’assegno sociale (oggi 538 euro) non potrà lasciare il lavoro a 67 anni, ma verrà di fatto proiettato verso i 71 anni. Una distanza enorme, che nascerà spesso da carriere discontinue, precarietà, part-time forzato.

Dall’altra parte, chi riuscirà ad avere un importo più alto potrà invece sfruttare la pensione anticipata contributiva a 64 anni. Una differenza di sette anni che può cambiare una vita. La soglia da superare non è banale: dal 2030 serviranno almeno 3,2 volte l’assegno sociale per lavoratori e lavoratrici senza figli, cioè circa 1.724 euro lordi al mese.

Importi leggermente più bassi per le donne con figli. La grande novità del 2025 è che si possono conteggiare anche le somme accantonate nel fondo pensione. Un salvagente utile per chi, pur faticando nel mercato del lavoro, vuole evitare l’incubo dei 71 anni.

L’Italia sceglie quindi una strada fatta di piccoli passi in avanti ma di grandi effetti nel tempo. Per qualcuno l’uscita dal mondo del lavoro resterà un traguardo raggiungibile. Per molti altri, invece, sarà un cammino più lungo del previsto. Già.