Il nuovo report evidenzia come orientamento sessuale, obesità e diversità fisiche continuino a essere i principali motivi delle aggressioni, spesso nascoste nel mondo digitale
Il bullismo resta una ferita aperta nel mondo della scuola. Anche nell’Italia del 2025, dove smartphone, piattaforme social e messaggi veloci hanno ridefinito i rapporti tra gli adolescenti, uno studente su quattro vive episodi di bullismo o cyberbullismo. Il dato arriva dal report pubblicato dalla Fondazione Foresta Ets, che ha coinvolto 5.849 studenti delle scuole superiori tra Vicenza, Padova e Verona.
Ragazzi e ragazze dai 14 ai 19 anni che hanno scelto di partecipare in forma volontaria e anonima, raccontando situazioni di esclusione, insulti o violenze psicologiche. La fondazione, punto di riferimento nella ricerca sulla salute giovanile, descrive una realtà già nota agli insegnanti, ai genitori e agli psicologi: a essere colpite sono spesso le persone più esposte, quelle che la società definisce “diverse”. Sovrappeso, obesità, differenze nell’orientamento sessuale o nell’identità di genere diventano bersagli.
A prevalere negli attacchi sono i maschi, mentre le femmine risultano più vulnerabili. «Il bullismo colpisce chi viene percepito come diverso per aspetto fisico, identità o modo di vivere l’affettività», ha spiegato il professore Carlo Foresta, sottolineando come fragilità personali evidentemente esposte vengano trasformate in pretesto per far male. Già, perché dietro ogni insulto c’è sempre una persona che prova a difendere la propria dignità, spesso in silenzio.
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Solitudine, autolesionismo e comportamenti a rischio nel quadro dell’adolescenza
Il report entra nelle pieghe della mente di chi viene colpito o di chi colpisce. La sofferenza psicologica emerge con chiarezza, in particolare tra le ragazze vittime di bullismo. Le giovani dichiarano solitudine intensa, perdita di fiducia nei compagni e, in vari casi, autolesionismo. Molte chiedono aiuto, altre sentono di averne bisogno ma non riescono a parlarne con nessuno. Una spirale che chiude e isola, mentre la scuola e la famiglia tentano di decifrare segnali nascosti.
Una dinamica diversa coinvolge i ragazzi che assumono il ruolo di autori dei comportamenti aggressivi. Il report mostra un aumento delle abitudini rischiose tra i bulli: uso di alcol, sostanze, esposizione continua alla pornografia online e sexting non consapevole. L’impulsività digitale rende tutto più rapido e violento, e la distanza degli schermi cancella freni e responsabilità. Una frase, un commento anonimo, un meme umiliante diventano strumenti di controllo e prevaricazione.

Il professor Foresta ha parlato di un fenomeno “a doppia faccia”: da una parte vittime che portano sul proprio corpo e nella propria psiche le ferite del disagio, dall’altra autori spesso dominati da un bisogno di affermarsi attraverso il danno all’altro. Il nucleo familiare non mostra grandi fratture nelle statistiche generali, tranne una leggera riduzione della coesione proprio nel gruppo degli autori. Significa che la violenza, in molte situazioni, arriva non per disperazione estrema ma come sfogo, quasi come linguaggio quotidiano. E questo, lo sappiamo, preoccupa.
Una risposta urgente: educazione emotiva, digitale e sostegno continuo nelle scuole
Il dato più chiaro che emerge dalla ricerca riguarda ciò che ancora manca: un sistema strutturato di prevenzione, che sappia parlare ai giovani con strumenti credibili. Non basta punire chi compie un atto di bullismo, perché la violenza ha radici più profonde di un semplice gesto impulsivo. «Servono programmi educativi che lavorino sull’empatia, sul rispetto e sulla gestione dei conflitti», ha commentato ancora il professor Foresta.
Il problema nasce nel confronto diretto, ma si amplifica negli spazi digitali, dove il giudizio esplode in pochi secondi e i confini dell’umiliazione diventano infiniti. La rete può trasformarsi in un tribunale aggressivo senza giudici. E la vittima rimane sola.
Secondo gli esperti, la strada passa per un’alleanza educativa stabile tra scuola, famiglia e territorio. Riconoscere in tempo i segnali, ascoltare senza banalizzare le richieste di aiuto, e costruire reti solide per proteggere chi si ritrova nel mirino. Nel bullismo non ci sarebbero solo bulli e vittime: esistono adolescenti in difficoltà, che usano il corpo, il silenzio o la violenza per comunicare ciò che non riescono a dire ad alta voce. Ottobre 2025 fotografa una generazione che non può essere lasciata sola davanti allo schermo.
